La Sindrome dell’uomo rigido è una malattia neurologica rara, recentemente divenuta “famosa”, o comunque conosciuta ai più, per via della notorietà di una delle persone affette: la cantante Céline Dion. Approfondiamo cause e sintomatologia di tale patologia debilitante.
Cos’è la Sindrome dell’uomo rigido?
La Sindrome dell’uomo rigido, inglese stiff-person syndrome, è una patologia neurologica rara, e debilitante, avente origine nel sistema nervoso centrale.
È caratterizzata da un peculiare quadro clinico, contraddistinto da:
- una grave e progressiva rigidità muscolare del tronco e degli arti inferiori, responsabili di posture anomale;
- spasmi muscolari sovrapposti, attivati da una maggiore sensibilità a stimoli esterni, tattili e uditivi, o da stress emotivo.
Qual è l’origine della Sindrome dell’uomo rigido?
Si stima che la prevalenza sia di 1/1.000.000, di cui due pazienti su tre sono donne. L’esordio avviene tra i 30 e i 50 anni, con uno sviluppo e una comparsa della sintomatologia caratterizzata da una progressione nel corso di settimane, mesi o di anni.
Non vi è predisposizione etnica o di genere, tuttavia la patologia è più comune nelle donne che negli uomini. Generalmente tale sindrome è associata ad altre patologie. È possibile distinguere alcune forme:
- La sindrome della persona rigida di tipo autoimmune (circa il 70% dei casi), frequente nei soggetti affetti da patologie autoimmuni come diabete di tipo 1, anemia perniciosa, tiroidite autoimmune e vitiligine.
In questa forma sono presenti anticorpi diretti contro la decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD). Questo è un enzima coinvolto nella produzione del GABA, un neurotrasmettitore inibitorio che agisce a livello del Sistema Nervoso Centrale, regolando l’eccitabilità neuronale e il tono muscolare. In parole semplici, esso previene l’iperstimolazione muscolare e se la produzione del GABA viene meno vi è la comparsa di spasmi e rigidità muscolare.
- La sindrome della persona rigida di tipo paraneoplastico (circa il 2% dei casi) è comunemente associata al cancro al seno. Ma sono state descritte correlazioni anche con cancro renale, della tiroide, del colon, del polmone e del linfoma di Hodgkin. In questa forma sono stato descritti anticorpi anti-amfifisina, invece gli anti-GAD generalmente non sono presenti
- Esiste, infine, una forma idiopatica, ovvero che non si correla ad altri processi morbosi e della quale non si conosce la causa.
Quali sono l’esordio e l’evoluzione sintomatologica della Sindrome dell’uomo rigido?
La caratteristica di punta di tale patologia è la graduale progressione della sintomatologia fino a divenire patologia invalidante.
All’esordio è caratterizzata dalla rigidità dei muscoli del tronco, in particolare del torace e della zona lombare (difatti, in questa fase della patologia la persona affetta manifesta difficoltà nel girarsi e piegarsi). Successivamente la rigidità muscolare si estende agli arti inferiori e, a seguire, superiori.
La progressione della rigidità muscolare influenza negativamente la postura. Pertanto, nel tempo si svilupperanno deformità anchilosanti a carico della colonna vertebrale, come l’aumento della lordosi lombare (postura fissa in iperlordosi).
La rigidità muscolare influenza, altresì, l’andatura che diventa irrigidita e impacciata (cosiddetta “a soldatino”) e, contestualmente agli spasmi muscolari generalizzati, dolorosi, spontanei o riflesso-indotti possono provocare improvvise e rovinose cadute.
In genere all’inizio sono risparmiati i muscoli del viso, mentre in rari casi può esservi un coinvolgimento dei muscoli respiratori.
Come si fa diagnosi di Sindrome dell’uomo rigido?
La diagnosi si basa essenzialmente sull’osservazione clinica, quindi su un esame obiettivo neurologico mirato e approfondito.
I criteri diagnostici attuali si basano su determinati fattori chiave:
- Rigidità degli arti e nella regione toracolombare;
- Spasmi dolorosi generalizzati e attivati da stimoli tattili, uditivi, emotivi;
- Attività muscolare continua all’elettromiografia;
- Sierologia positiva per autoanticorpi anti-GAD65 o anti-amfifisina;
- Assenza di altri disturbi neurologici a supporto ad una diagnosi alternativa;
- Miglioramento dei sintomi con benzodiazepine.
Esami strumentali, quali TAC o Risonanza Magnetica cerebrale e del midollo spinale non sono utili alla diagnosi, ma nelle prime fasi dell’iter diagnostici sono finalizzati all’esclusione di altre possibili cause meccaniche causanti i sintomi.
Qual è il trattamento della Sindrome dell’uomo rigido?
La terapia dei sintomi mira a contrastare la rigidità e gli spasmi muscolari e si basa sul trattamento con Benzodiazepine. ll diazepam rappresenta l’unico farmaco utile a ridurre in modo efficace la rigidità muscolare; tuttavia, può accentuare la depressione nel soggetto, e determinare tolleranza e dipendenza. Pertanto, risulta fondamentale un’attenta gestione.
A supporto possono essere usati farmaci anticonvulsivanti e miorilassanti.
Una seconda strategia terapeutica è rappresentata dalla immunoterapia, che mira ad eliminare gli auto- anticorpi. È molto efficace, è stato descritto un miglioramento clinico, esteso fino a 1 anno dopo un ciclo di cinque somministrazioni.
Tra i farmaci di seconda scelta vi sono i corticosteroidi, altri agenti immunosoppressivi (azatioprina, ciclofosfamide)e il rituximab, un anticorpo monoclonale.
Qual è la prognosi della Sindrome dell’uomo rigido?
È fondamentale la tempestività della diagnosi. In generale, la prognosi dipende dalla gravità del quadro clinico e dalla risposta alla terapia.
Nel dettaglio, nonostante i miglioramenti apportati dalla terapia, occorre attenzionare le fluttuazioni precipitate da fattori di stress fisici ed emotivi. Per tali ragioni risulta utile il riposo e il mantenimento di un ottimale stato di benessere mentale e fisico.