Feste, luci, animo gaio, ma soprattutto cibo! Tanto cibo!
E dopo aver allontanato il piatto e rifiutato per due volte il tris di lasagne di nonna, ci portiamo le mani al ventre sospirando: “Sono proprio sazio/a!”
Ma cos’è davvero il senso di sazietà?
L’insorgenza di questa sensazione (come anche di quella opposta, la percezione della fame) è regolata dall’ipotalamo, regione del nostro cervello a cui giungono segnali, rappresentati da specifici ormoni provenienti da diversi distretti corporei, quali: intestino, pancreas, stomaco e cellule del tessuto adiposo.
In risposta a tali ormoni, l’ipotalamo attiva meccanismi neuronali con funzioni differenti:
- funzione oressigena, ovvero stimola l’assunzione di cibo;
- funzione anoressigena, cioè ne inibisce l’assunzione.
L’ipotalamo ha, quindi, un’azione omeostatica nel ripristinare, di volta in volta, l’equilibrio metabolico necessario per il corretto funzionamento del nostro organismo.
Quali sono gli ormoni della sazietà?
Ve ne sono differenti, ma quelli che sono più intensamente coinvolti sono:
- La leptina, prodotta a partire dalle cellule del tessuto adiposo bianco. In circolo, la sua concentrazione è proporzionale alla quantità di grasso corporeo, ovvero maggiore è il tessuto grasso corporeo, maggiore è la quantità di leptina presente nel sangue. Ciò perché questo ormone invia informazioni sulle riserve corporee di tessuto adiposo e, quindi, sullo stato nutrizionale dell’organismo. Vale a dire che, in condizioni di bilancio energetico positivo, l’accumulo di grasso aumenta e, di conseguenza, aumenta la produzione di leptina, che segnala al sistema nervoso centrale la necessità di ridurre l’introito di cibo e di incrementare la spesa energetica.
- L’insulina, ormone secreto dal pancreas quando i livelli di glucosio nel sangue aumentano. In questa condizione, l’insulina interagisce a livello ipotalamico sopprimendo lo stimolo della fame.
Oltre alle vie ormonali, di recente è stato scoperto nella faringe un circuito neuronale coinvolto nel senso di sazietà.
Lo studio, eseguito sulla Drosophila (volgarmente, il moscerino da frutta), ha messo in luce come il passaggio di un bolo attraverso la faringe sia rilevato da meccanocettori, neuroni sensibili alle sollecitazioni meccaniche. Tale rilevazione viene trasmessa, unitamente alle sensazioni gustative, a neuroni della zona subesofagea del cervello.
Questi neuroni sensoriali faringei, chiamati anche neuroni N1, risultano sensibili non solo alle sollecitazioni meccaniche, ma anche agli zuccheri, e agiscono a monte di un gruppo di neuroni peptidergici che controllano il senso di sazietà.
Ciò implica un invio di segnalazioni al cervello su quantità e qualità del cibo ingerito, anche prima che il bolo alimentare raggiunga l’intestino.
È stato studiato, infatti, come l’interruzione funzionale di qualsiasi componente di questo circuito abbia causato un consumo eccessivo di cibo, mentre l’attivazione del circuito abbia soppresso l’assunzione di cibo.
A dimostrazione che il sistema nervoso adotta molteplici strategie per evitare la sovralimentazione.