Chi ha avuto modo di seguire la serie spin-off di Bridgerton, La Regina Carlotta, conosce probabilmente il topic di cui parleremo quest’oggi, ed ossia la porfiria, patologia di cui ha sofferto il Re consorte Giorgio III.
Nel dettaglio, la leggenda vuole che durante il suo regno da sovrano, Giorgio abbia sofferto di porfiria variegata, una forma di porfiria acuta.
Vediamo più da vicino di cosa si tratta!
Col termine ombrello di porfiria si intende un insieme di patologie metaboliche rare dovute ad alterazioni di enzimi responsabili della sintesi del gruppo eme (ricordiamo brevemente che l’eme è la parte di molecola associata ad emoglobina, mioglobina e citocromi capace di legare l’ossigeno, trasportandolo ai tessuti). Questo ‘malfunzionamento’ enzimatico, di deriva perlopiù genetica, causa l’accumulo delle porfirine nei tessuti, con conseguente insorgenza dei sintomi della malattia.
Da dove arriva il termine porfiria?
La parola ‘porfiria’ deriva dal greco e significa ‘porpora’, ’viola’, poiché, venendo le porfirine d’accumulo espulse con le urine, potevano tingere le stesse del medesimo colore.
Cosa comporta soffrire di porfiria?
Anzitutto non esiste una sola tipologia di porfiria, ma ben otto (come il numero di enzimi le cui alterazioni innescano la malattia), e che per praticità vengono divise in due macrogruppi:
- Porfirie acute: coinvolgono il sistema nervoso e si manifestano con attacchi intermittenti di dolore intenso e sintomi di natura addominale, nervosa e psichiatrica, quali:
- Stitichezza
- Nausea e vomito
- Febbre
- Instabilità emotiva
- Ansia
- Confusione
- Convulsioni
- Tachicardia
- Ipertensione
L’utilizzo di farmaci, stress quotidiano, ormoni sessuali femminili (le donne sono maggiormente colpite dalle porfirie acute rispetto agli uomini), digiuno, fumo ed alcool possono essere fattori esogeni responsabili degli attacchi acuti.
- Porfiria cutanea: va da sé che la manifestazione sintomatica più concreta sia a carico della cute a seguito di esposizione alla luce solare. Ciò perché le porfirine fototossiche si accumulano, appunto, nella cute, e una volta si sia verificata l’esposizione solare, generano radicali citotossici responsabili delle manifestazioni cutanee, causando:
- Vescicazioni
- Fragilità cutanea e ritardo nella guarigione delle ferite
- Eritemi
- Ispessimento della pelle
Anche in questo caso estrogeni, assunzione di alcool, infezioni virali da epatite C ed altri fattori esogeni possono esacerbare i sintomi delle porfirie cutanee.
Qual è la diagnosi per la porfiria?
Poiché i sintomi delle porfirie sono poco specifici, la diagnosi può richiedere tempo. Tuttavia, in caso di sospetto, si può procedere ad un dosaggio delle porfirine a livello ematico ed urinario, ed è inoltre possibile realizzare dosaggi dell’attività enzimatica di globuli rossi e bianchi, sebbene molti di questi test enzimatici non risultino generalmente disponibili.
Le analisi genetiche, per ricercare le mutazioni a carico del gene/i coinvolti, vengono invece realizzate laddove il deficit enzimatico sia già noto.
Cosa sappiamo della terapia per il trattamento della porfiria?
Ad oggi non esiste una cura risolutiva per la porfiria, sebbene sia possibile procedere alle perfusioni di eme (isolato da sangue donato) e/o destrosio durante il manifestarsi degli attacchi acuti, unitamente all’utilizzo di farmaci per il trattamento sintomatico (beta-bloccanti per controllare la frequenza cardiaca, antidolorifici per alleviare il dolore ecc.).
La prevenzione gioca un ruolo importante in coloro che soffrono di porfirie cutanee, sicché si rende necessario evitare l’esposizione solare ed associare un’eventuale integrazione di Vitamina D. Sarebbe, inoltre consigliabile, ove possibile, procedere a prelievi di sangue periodici, di modo da ridurre la quantità di ferro in circolo.