Chiariamolo subito: gli Inibitori di Pompa protonica sono farmaci che funzionano benissimo e che svolgono egregiamente il loro compito in tempi relativamente brevi. E probabilmente è proprio per questo motivo che figurano tra i medicinali più amati, e ahinoi, più abusati!
Per cui è fondamentale sapere come adoperarli correttamente, di modo da non trascinarsi dietro la carrellata di effetti collaterali derivanti da un loro uso improprio.
Quindi, la domanda di oggi è: per quanto tempo si può assumere un inibitore di pompa NON in terapia cronica?
Anzitutto, gli inibitori di pompa (IPP) sono una classe di farmaci più ampiamente nota (ma non a ragione!) come “gastroprotettori” o “protettori gastrici”.
Perché allora gli inibitori di pompa protonica vengono chiamati così?
Il loro nome è dovuto al loro meccanismo d’azione: inibiscono la produzione di acido cloridrico a livello gastrico, risultando utili nei casi in cui è necessario ridurre la secrezione acida dello stomaco con conseguente effetto “protettivo” sulla mucosa gastrica.
Quali sono gli effetti a lungo termine dell’impiego degli inibitori di pompa?
- Scarso assorbimento di vitamina B12, magnesio e calcio (in taluni soggetti, come chi soffre di osteoporosi, può aumentare il rischio di fratture);
- Modificano il pH dello stomaco (diventa meno acido), favorendo lo sviluppo di infezioni intestinali, come quelle causate da Helicobacter pylori o Clostridium difficile. Si tratta di infezioni potenzialmente pericolose perché rappresentano fattori favorenti la comparsa di tumori allo stomaco o all’intestino;
- Alterazione della flora intestinale innescata dal passaggio nell’intestino di microrganismi patogeni. Tale condizione comporta una possibile iperattivazione del sistema immunitario, che espone l’organismo ad alcune patologie.
Alla luce di quanto descritto, qual è la risposta alla domanda iniziale? Per quanto tempo è corretto assumere un inibitore di pompa protonica?
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), attraverso la NOTA 48, stabilisce che l’appropriatezza prescrittiva per gli IPP e loro utilizzo nel breve termine sia di quattro settimane (occasionalmente sei), per il trattamento di ulcera duodenale o gastrica (se Helicobacter Pylori positive in associazione a farmaci eradicanti l’infezione) e malattia da reflusso gastroesofageo con o senza esofagite (primo episodio).
Qual è, invece, l’appropriatezza prescrittiva degli IPP in caso di terapia prolungata?
Ecco quanto stabilisce l’AIFA in merito all’utilizzo prolungato degli IPP (oltre le 4-8 settimane):
- Nei casi di sindrome di Zollinger-Ellison, ulcera duodenale o gastrica H. pylori-negativa recidivante, malattia da reflusso gastroesofageo con o senza esofagite (recidivante). In questi casi è opportuna una revisione periodica del trattamento.
- Nei casi di prevenzione delle complicanze gravi del tratto gastrointestinale superiore, durante una terapia con aspirina a bassi dosaggi o trattamento cronico con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), purché sussista una o più delle seguenti condizioni di rischio:
- storia di pregresse emorragie digestive o di ulcera peptica non guarita;
- concomitante terapia con anticoagulanti o cortisonici;
- età avanzata.