La risposta è no!* Perché?
(*Alcuni casi possono prevederlo, parliamo di pazienti con problemi gastrici o sottoposti a politerapia, ma deve essere esclusivamente il medico a prescriverlo!)
Gli antibiotici costituiscono una classe di farmaci adoperati per contrastare le infezioni batteriche (NON il comune raffreddore, attenzione, ma l’argomento merita un capitolo a parte!)
La terapia antibiotica, come tutti i trattamenti farmacologici, non è scevra da effetti collaterali, e i più comuni si presentano sotto forma di fastidi gastrointestinali, quali:
- nausea;
- mal di stomaco;
- crampi;
- bruciore e reflusso.
Generalmente tali disturbi si manifestano in seguito alla somministrazione di alcune classi di antibiotici, nel dettaglio:
- Macrolidi (azitromicina, claritromicina, eritromicina, fidaxomicina);
- Cafalosporine (cefotaxima, la ceftizoxima, il ceftriaxone, la ceftazidima, etc.);
- Penicilline (ampicillina, l’amoxicillina, la meticillina e l’oxacillina);
- Fluorochinoloni (delafloxacina, gemifloxacina, levofloxacina e moxifloxacina).
Purtroppo, la comparsa di sintomi di natura gastrointestinale ha generato e consolidato l’idea secondo cui la concomitante assunzione di un farmaco gastroprotettore possa prevenirne l’insorgenza.
Cosa si intende per gastroprotettore (Inibitore di Pompa protonica, IPP)?
Si tratta di una classe di farmaci in grado di ridurre la secrezione acida dello stomaco, dunque vengono prescritti in quadri clinici quali il reflusso gastroesofageo o la gastrite, per esempio.
La loro azione farmacologica induce erroneamente a credere che possano trovare applicazione come antiacidi all’occorrenza e di conseguenza risolvere i fastidi gastrointestinali da antibiotici.
Ribadiamo che non esiste alcuna linea guida che suggerisca l’impego di IPP durante la terapia antibiotica: gli antibiotici non provocano lesioni a livello gastrico.
Tuttavia, come precedentemente visto, potrebbero manifestarsi alcuni fastidi gastrointestinali. Da cosa sono causati?
Nell’intestino coesistono miliardi di microorganismi, la cosiddetta flora intestinale, la quale vive in simbiosi con l’uomo, esplicando una serie di azioni benefiche per l’organismo, tra cui quella digestiva.
L’antibiotico può danneggiare la flora intestinale, generando una condizione di disbiosi, che comporta un ventaglio eterogeneo di disturbi gastrointestinali.
Finora abbiamo parlato di intestino: cosa c’entrano i fastidi di tipo gastrico che si avvertono dopo la somministrazione di un antibiotico?
Questi vengono innescati proprio dallo squilibrio causato dall’antibiotico sulla flora intestinale, il quale si ripercuote sullo stomaco e può portare a difficoltà digestive.
È possibile prevenire l’insorgenza di questi fastidi correlati all’assunzione dell’antibiotico?
In parte, sì. Come?
- Assumere probiotici durante la terapia antibiotica supporta le funzioni digestive, in quanto preserva l’equilibrio della flora intestinale (eubiosi).
N.B. I probiotici devono essere assunti almeno a due ore di distanza dall’antibiotico, in modo tale da non vanificarne l’effetto!.
Ma c’è di più…Un recente studio statunitense ha dimostrato che la concomitante assunzione di IPP e antibiotici espone maggiormente all’infezione da Clostridium difficile, un batterio che causa infiammazione dell’intestino crasso, diarrea e altri sintomi intestinali talvolta molto severi.
- Per ridurre i disturbi gastrici da antibioici può risultare utile assumerli a stomaco pieno: attenzione, questa pratica non è possibile per tutti! È bene, infatti, chiedere al proprio medico o farmacista quali siano gli antibiotici da assumere effettivamente a stomaco pieno o vuoto. Cosa cambia? L’assunzione a stomaco pieno implica una maggiore esposizione del farmaco ai succhi gastrico, ciò potrebbe comportare una riduzione del suo assorbimento e di conseguenza un minore effetto terapeutico dello stesso.